Tribuna

Roberto Tamborini

Stato, mercato e Next Generation EU

 

Tra i molti rischi d’insuccesso incombenti sul Piano italiano di Ripresa e Resilienza per l’accesso ai fondi europei di Next Generation EU (NGEU) vi è quello d’impantanare il paese ancora una volta nella contrapposizione tra Stato e Mercato. Una contrapposizione sterile e anacronistica, come diversi interventi in questa Tribuna hanno già ben messo in evidenza. “Il capitalismo è stato creato dalla legge, non dalla ‘mano invisibile’[1]. E, si può aggiungere, dallo Stato è stato spesso salvato (Keynes docet). Il punto non è se lo Stato debba avere un ruolo nell’economia di mercato, ma quali siano la sua estensione, le sue modalità, le sue finalità. “Uno degli obiettivi principali dell’economia moderna è comprendere il ruolo delle istituzioni nel creare e plasmare i mercati[2].

Il programma NGEU è stato giustamente salutato come un cambiamento di paradigma del governo dell’Unione europea, o almeno il primo passo che si spera non svanisca con la pandemia. Ma NGEU è anche un cambio di paradigma sotto il profilo della definizione degli assi portanti dello sviluppo economico futuro e del campo d’azione delle politiche pubbliche, ben al di là del solitario totem della salvaguardia della concorrenza piantato nel mezzo dello sconfinato campo di gioco del libero mercato. Le novità sono in particolare due.

Le finalità. L’idea è semplice: realizzare interessi collettivi non serviti dal mercato. Si tratta, nella sostanza, di una nozione elementare di economia pubblica (nonché un principio cardine dell’UE come la sussidiarietà), che però è stata “dimenticata” per il diffondersi della convinzione che gli interessi collettivi non serviti dal mercato fossero diventati residuali, “senza più domanda”, mentre il mercato potesse assicurare tutto ciò che conta veramente per il benessere (individuale). La crisi mondiale degli anni ‘10, prima, e la pandemia, poi, hanno aperto una voragine nella vita di milioni di persone tra la (ri)scoperta di beni e servizi collettivi, ma anche individuali, necessari per una vita degna e quelli che possono offrire le sole forze di mercato. Tensioni crescenti, che hanno scosso le fondamenta delle democrazie liberali, si sono sprigionate su fronti lasciati scoperti dalle politiche pubbliche e più ampiamente affidati alle forze di mercato:

  • aumento della concentrazione del potere di mercato (giganti del web)
  • perdita di potere contrattuale di consumatori e lavoratori (riduzione della quota del lavoro sul reddito nazionale)
  • polarizzazione e depauperamento del lavoro (salari, condizioni di lavoro)
  • aumento delle disuguaglianze (redditi, ricchezza, accesso alle “opportunità”)

E infatti, le ormai ben note aree d’intervento di NGEU – tutela ambientale, crescita sostenibile e inclusiva, innovazione e digitalizzazione, salute pubblica, istruzione – identificano interessi collettivi che, anche se non corrispondono alla definizione manualistica di “beni pubblici puri”, sono male o per nulla serviti dal mercato, se non adeguatamente sostenuto, guidato, e se necessario sostituito, dall’intervento pubblico. Il mix tra i tre tipi d’intervento andrà identificato e calibrato con cura e intelligenza, ovvero senza pregiudizi ideologici.

Il metodo. Tre sono le parole chiave per inquadrare il metodo NGEU: programmazione, intervento diretto, allocazione di risorse. I documenti di accompagnamento di NGEU colpiscono per il livello di dettaglio richiesto nel controllo e governo dei processi. Da questo punto di vista, le preoccupazioni di un insuccesso del nostro paese nella fase attuativa sono fondate, non tanto per via dell’inefficienza delle pubbliche amministrazioni e della burocrazia in sé, ma in quanto la capacità d’indirizzo e di governo dell’economia è stata smantellata da tempo, mentre lo scheletro giuridico-amministrativo, senza più corpo, è cresciuto, senza per altro riuscire a impedire collusioni e reciproche corruzioni tra affari e politica.

Entro questa cornice, i governi devono presentare piani nazionali finalizzati a due obiettivi, ripresa e resilienza. Il primo è un obiettivo di più breve termine che richiede misure fiscali atte a ridurre il più possibile i danni economici e sociali creati dalla pandemia e a rimettere in moto l’attività economica. Il secondo è un obiettivo di più lungo termine concernente la capacità di sviluppo lungo le linee prospettiche richiamate in precedenza, andando quindi sul terreno assai impegnativo delle modificazioni strutturali del sistema economico.

Ovviamente i due obiettivi, e i relativi strumenti, sono e devono essere interconnessi, ma essi richiedono anche approcci e strumenti diversificati, e ciascuno andrà valutato con criteri appropriati. Nella prospettiva di un’efficace integrazione dei due obiettivi, l’importanza di NGEU per l’Italia non sta soltanto nell’entità delle risorse disponibili. Non saranno 200 miliardi, per quanto ben spesi, a consentirci di rendere il nostro paese più solido, equo, prospero per le future generazioni. Sono le finalità e il metodo di NGEU richiamati prima ad aprirci una porta e indicare una via sia per una riforma di sistema, sia per un ridisegno dell’intervento pubblico nell’economia.

 

 

[1] K. Pistor (2019), “Il codice del capitale“, Menabò di Etica ed Economia, n. 104.

[2] J. E. Stiglitz (2016), Invertire la rotta. Disuguaglianza e crescita economica, Bari, Laterza.

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