Tribuna

Eugenio Gaudio

Il tema lanciato da italiadecide dell’unità nazionale come valore costituzionale alla prova della pandemia mi porta a considerare quanto finora è accaduto da un osservatorio privilegiato: in qualità di rettore del più grande Ateneo d’Europa mi sono trovato, come molti miei colleghi, a dover conciliare la necessità di garantire la salute della comunità che guido con l’esigenza di non interrompere la formazione e la ricerca, il vero motore della società e volano di crescita per il futuro del Paese. La ricerca di un equilibrio responsabile tra il diritto alla salute e il diritto all’istruzione è stata la lente attraverso la quale come università abbiamo cercato di modulare le azioni legate all’emergenza Covid-19, nell’ambito delle disposizioni che a livello centrale sono state assunte dalle istituzioni competenti.

In questo scenario la voce dell’Università è stata unitaria sia a livello nazionale, che nell’ambito delle singole regioni. La Conferenza dei Rettori (Crui) ha lavorato in stretta collaborazione con il Ministero dell’Università e Ricerca per far fronte alla situazione legata al diffondersi della pandemia. Fin dall’inizio la linea condivisa da tutti gli atenei è stata quella di non fermarsi: le lezioni sono continuate, gli esami si sono svolti e nuovi studenti si sono laureati in modalità telematica. Gli atenei hanno reagito prontamente a questa transizione permettendo nell’arco di pochi giorni il passaggio da un’attività in presenza a una in remoto per studenti, docenti e personale. Il sistema universitario ha mostrato una capacità di resilienza non scontata per una realtà complessa e diversificata come la nostra, assicurando a più di un milione e mezzo di studenti l’erogazione dei servizi.

In questo ha avuto una parte importante l’adozione delle tecnologie condivise dagli atenei e il potenziamento delle infrastrutture digitali costantemente cresciuto negli anni, evidenziando il ruolo della ricerca e dell’innovazione come strumento di efficacia del diritto e proponendo l’università come laboratorio per sperimentare nuove vie all’interno della Pubblica Amministrazione nel suo complesso.

Il dialogo interistituzionale e la comunione d’intenti è stata fondamentale, direi decisiva, nel momento più difficile dell’emergenza, quando l’urgenza di risorse mediche negli ospedali ha reso necessario accelerare l’adozione di provvedimenti che hanno contribuito a superare l’allarme sanitario.

Il provvedimento assunto dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro Manfredi ha reso immediatamente operativa la cosiddetta laurea abilitante, innovando rispetto al passato quando, dopo il conseguimento del titolo accademico di dottore in Medicina e Chirurgia, occorreva effettuare un tirocinio di alcuni mesi propedeutico all’esame di stato. La nuova disposizione prevede di anticipare il tirocinio prima dell’esame di laurea e rende possibile esercitare immediatamente la professione medica, immettendo risorse giovani e preparate all’interno del nostro sistema sanitario con un notevole risparmio di tempo.

Con l’impegno di tutte le Facoltà di Medicina e degli Atenei, questa misura è stata sì adottata per far fronte a una situazione di emergenza, ma il provvedimento era in gestazione da tempo nell’ottica di una semplificazione a favore degli studenti, delle famiglie e del sistema Paese. Questo lavoro propedeutico collegiale ha reso possibile fronteggiare l’emergenza Coronavirus nonostante ci abbia colto nel pieno di una grave crisi delle risorse professionali mediche, anche per effetto del depauperamento degli organici dovuto all’accelerazione dei pensionamenti. Le nuove disposizioni normative sull’abilitazione medica, consentendo la riduzione dell’intervallo che intercorre tra la tesi di laurea e l’esercizio della professione medica, rappresentano dunque una razionalizzazione virtuosa del sistema.

Sempre in ambito medico, l’altro fronte che ha visto la concertazione delle università con i soggetti politici è stato l’assunzione degli specializzandi. Il Governo ha infatti previsto la possibilità per le Regioni in difficoltà di assumere i medici in formazione specialistica dell’ultimo e del penultimo anno. Ciò consentirà loro di entrare negli ospedali con contratti temporanei di 3-6 mesi per l’emergenza o a tempo indeterminato all’interno del sistema sanitario regionale e nazionale, una volta completato il percorso formativo. Il diritto alla salute va tutelato non rinunciando a una specializzazione qualificata, elemento questo che ha contribuito a fare della sanità italiana una delle migliori al mondo. La ricetta per superare l’emergenza è infatti un welfare sostenibile che cammina su due gambe e cioè un sistema sanitario forte che garantisca la salute a tutti e un alto profilo nella ricerca e nella formazione che vanno debitamente sostenute.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *