“Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» […].
Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe ‘tiranno’ nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona”
(Corte costituzionale, sentenza n. 85 del 2013).
Ringrazio Sandro Palanza per l’invito a intervenire in questo “spazio di dibattito” inaugurato da italiadecide avente come tema L’unità nazionale alla prova della pandemia.
Tanti sono stati i contributi scientifici scritti dagli studiosi delle diverse discipline giuridiche e numerose sono state le occasioni di interessanti e approfonditi dibattiti – tenutisi necessariamente “a distanza” e non “in presenza” – sulle conseguenze che sulla vita di tutti noi l’attuale pandemia ha provocato, sta provocando e provocherà, anche quando l’emergenza si sarà conclusa.
Molte sarebbero le considerazioni che, proprio alla luce di tutte le sollecitazioni ricevute, si potrebbero svolgere in questa sede: per cercare di ordinare (e limitare) queste minime riflessioni richiamerò alcuni passaggi dei precedenti contributi dei Proff. Luciani, Pinelli e Ridola pubblicati su questa Tribuna e farò un riferimento finale (ma quanto mai opportuno in ragione degli specifici contenuti) alla preziosa esperienza fatta nell’ambito della Scuola per una cittadinanza responsabile di italiadecide nel novembre e nel dicembre del 2019.
1. Ragionare dal punto di vista del diritto costituzionale sull’impatto della attuale emergenza sanitaria provocata dalla diffusione del Coronavirus pone notevoli spunti di interesse, che ne fanno emergere le molteplici sfaccettature[1]. Esse attengono, in primo luogo, al tema del bilanciamento fra i diritti fondamentali nella loro duplice dimensione individuale e collettiva (art. 2 Cost.), inducendo a ritenere in modo critico che “quasi tutta la prima parte della Costituzione risulta incisa dalle norme di contenimento del contagio da Covid-19”[2].
Per cercare di correttamente inquadrare i sicuri profili critici sottesi alle misure di contenimento adottate, forse occorrerebbe modificare la prospettiva e sottolineare come, in realtà, a comprimere alcuni (numerosi e fondamentali) diritti in via diretta e “senza via di scampo” sia stato e continui a essere proprio il virus. Sono le concrete modalità con cui esso si è diffuso e con cui ha aggredito pur con gradazioni differenti la salute e la vita delle persone ad aver “di fatto” limitato quei diritti e ad aver posto e imposto la necessità di ragionare sull’adozione di specifiche misure di contenimento.
Fra i diritti su cui in primo luogo il “fatto” (costituito dal virus e dalla sua diffusione) e, di conseguenza, le misure restrittive hanno dispiegato i propri effetti emerge ovviamente quello alla salute (unico diritto definito espressamente come “fondamentale” dalla nostra Costituzione all’art. 32), da considerarsi non solo con specifico riguardo al Covid-19 e, quindi, alle modalità con cui concretamente si è organizzata la risposta sanitaria all’emergenza[3], ma anche in relazione alle altre patologie e alla conseguente “ordinaria” richiesta di prestazioni sanitarie e diagnostiche che, pur diversamente, sono state “messe da parte”.
Si pensi, poi, agli altri due diritti fondamentali specificamente incisi dalle misure restrittive, ossia la libertà di circolazione, che espressamente può essere limitata per “motivi di sanità” (art. 16 Cost.), e la libertà di riunione, in relazione alla quale possono venire in rilievo “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” (art. 17 Cost.).
E, ancora, si pensi alla più generale libertà di autodeterminazione (art. 2 Cost.), alla libertà religiosa (art. 19 Cost.), al diritto al lavoro (artt. 1, 4, 35 e 36 Cost.)[4], alla libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.), al diritto di essere educati, tenendo conto delle ben note modalità di didattica a distanza (art. 34 Cost.) e, anche, al diritto di difesa, con riguardo alla gestione dei tempi dei processi civile, penale, amministrativo e anche costituzionale (artt. 24, 111 e 134 Cost.)[5], ma anche alla libertà di domicilio (art. 14 Cost.) e alla libertà personale, con specifico riferimento alle modalità con cui i detenuti devono affrontare le rispettive restrizioni (art. 13 Cost.)[6].
L’emergenza sanitaria, inoltre, contribuisce a rafforzare gli argomenti che già da tempo hanno introdotto nel dibattito scientifico l’interrogativo circa il fondamento costituzionale di un nuovo vero e proprio diritto di accesso a internet[7], necessario per l’effettivo esercizio di alcuni diritti che, proprio a causa delle misure di distanziamento sociale (o meglio: “distanziamento costituzionale”[8]), risulta in parte o del tutto compromesso.
Non si può mancare di considerare, peraltro, la dimensione del necessario adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), sia con generale riguardo a ciascuno dei sopra richiamati diritti, sia con specifico riferimento al diverso impatto dell’emergenza su determinate categorie di soggetti vulnerabili (si pensi alle persone con disabilità, alle donne vittime di violenza, agli anziani, a coloro che vivono in una condizione di clandestinità nel nostro paese e a determinate categorie di lavoratori).
Le riflessioni sui diritti (e su eventuali “nuovi” diritti) e sui doveri devono tenere conto di un ulteriore profilo di estrema importanza, che attiene al ben noto tema della cd. parità di genere. Come si è sottolineato nonostante questa parità sia “riconosciuta espressamente in Costituzione” e nonostante “Molti passi avanti” siano stati fatti, occorre in questo specifico contesto ragionare ancora “sulla natura” e “sulla qualità di una ‘uguaglianza’ che esclude di fatto le donne” in molti settori dell’ordinamento, impedendo quella che efficacemente è stata definita “la compiuta realizzazione della nostra democrazia”[9].
L’impatto della diffusione del virus e del contagio, infatti, ha avuto e dispiega ancora notevoli effetti sul lavoro di cura e sul lavoro professionale delle donne e anche sul ben noto fenomeno della violenza e dei maltrattamenti domestici[10].
Di non secondario rilievo, in questo medesimo contesto, è la rilevata circostanza per la quale “in modo quasi surreale le donne” siano “quasi scomparse dalla scena pubblica, soprattutto nei (nuovi) luoghi decisionali, come quelli delle task force”, pur essendoci stato un rinnovato interesse per una effettiva integrazione di tali sedi con le “competenze femminili”[11].
2. Questa emergenza (o meglio, ancora una volta, le modalità e i tempi di diffusione del virus) pone notevoli problematiche che attengono sia alle fonti del diritto cui l’ordinamento ha fatto ricorso per disciplinarla e contenerla, sia al rapporto fra il livello normativo statale (decreti-legge, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, provvedimenti ministeriali) e quello regionale (circolari), ma non solo (si pensi anche ai provvedimenti degli enti locali e a quelli della protezione civile)[12].
Tutte queste misure sono state adottate in modo continuativo nel corso dei mesi, ma spesso con modalità non convergenti, facendo emergere, come ricorda il Prof. Pinelli in questa Tribuna, uno “scontro politico fra alcune delle maggiori Regioni e lo Stato” che “non si è mai interrotto”, concretizzandosi “in accuse allo Stato di ‘lasciar sole’ le Regioni, proprio mentre queste ultime adottavano una serie di misure sicuramente contrastanti con quelle decise in sede nazionale, o addirittura palesemente incostituzionali, quali il divieto di ingresso nel territorio regionale, non consentito dall’art. 120” Cost.
Esse, senz’altro, hanno contribuito a contenere la diffusione del virus, ma al contempo hanno determinato notevoli problematiche in ordine al sopra citato “bilanciamento” fra i diritti (e anche i doveri), già a partire dalla difficile ricostruzione normativa complessiva.
Ciononostante, a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Governo, complessivamente si può condividere la posizione per la quale, come sostiene il Prof. Luciani nel suo contributo, “il Governo ha proceduto nella direzione costituzionalmente corretta, […] normando con decreti legge e con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, legittimati dal codice della protezione civile e dagli stessi decreti legge emergenziali”, auspicando in ogni caso, proprio in ragione delle indubbie criticità nel rapporto fra Stato e Regioni nella gestione territoriale della crisi sanitaria, una “Forte regia centrale e fattiva interlocuzione regionale (e locale)”[13].
Pur riconoscendo, dunque, la complessiva correttezza dell’intervento in tempi di straordinaria necessità e urgenza e non potendosi negare che “la necessità ‘di fatto’ assurge a fonte autonoma qualora provvedimenti siano indispensabili” per fronteggiarli, non si può però ammettere che una volta conclusasi l’emergenza “la rottura delle regole prosegua”[14].
3. Proprio in relazione alla modalità di adozione delle misure di contenimento e alla effettiva garanzia dei diritti fondamentali, da ultimo, emerge un ulteriore profilo centrale, ossia il necessario e imprescindibile rapporto con lo stato di avanzamento delle conoscenze scientifiche.
Il rapporto fra diritto e scienza[15], in tale contesto, ha assunto e assume rilievo non solo con riguardo al costante riferimento che a quest’ultima hanno fatto i decisori politici, ma si rivelerà altrettanto e forse ancor più fondamentale nel momento in cui dovessero individuarsi una cura o un vaccino.
Si riproporranno, infatti, le ben note questioni relative alla opportunità o necessità di prevederne l’obbligo e, conseguentemente, al rapporto che lega in modo inscindibile la dimensione individuale e collettiva della tutela della salute e del dovere di solidarietà, da ultimo limpidamente inquadrato nella sentenza n. 268 del 2017 in materia di vaccinazione (solo raccomandata) antinfluenzale[16]. In quella occasione, in particolare, la Corte ha tenuto a sottolineare come “ferma la differente impostazione” delle tecniche dell’obbligo e della raccomandazione dei trattamenti di vaccinazione “quel che tuttavia rileva […] è l’obiettivo essenziale che entrambe perseguono nella profilassi delle malattie infettive: ossia il comune scopo di garantire e tutelare la salute (anche) collettiva attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale. In questa prospettiva, incentrata sulla salute quale interesse (anche) obiettivo della collettività, non vi è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione […]. I diversi attori (autorità pubbliche e individui) finiscono per realizzare l’obiettivo della più ampia immunizzazione dal rischio di contrarre la malattia indipendentemente dall’esistenza di una loro specifica volontà di collaborare: «e resta del tutto irrilevante, o indifferente, che l’effetto cooperativo sia riconducibile, dal lato attivo, a un obbligo o, piuttosto, a una persuasione o anche, dal lato passivo, all’intento di evitare una sanzione o, piuttosto, di aderire a un invito» (sentenza n. 107 del 2012)”.
4. Ricordando, come anticipato, la partecipazione all’iniziativa “Costituzione: una via alla cittadinanza e alla vita collettiva” della Scuola per una cittadinanza responsabile di italiadecide, preme sottolineare come fatto in quella sede l’importanza fondamentale delle “parole”, in particolare della Costituzione, che non sono solo quelle dei diritti e dei doveri e della disciplina delle fonti e del rapporto fra Stato e Regioni, ma anche, e forse soprattutto, quelle della “partecipazione” (art. 3 Cost.) e della “solidarietà” (art. 2 Cost.).
Non è forse un caso, in fondo, che le nostre Madri e i nostri Padri Costituenti abbiano voluto declinarle con i medesimi aggettivi (“politica, economica e sociale”), restituendoci il senso profondo di un legame inscindibile e imprescindibile fra i diritti e i doveri di ciascuno di noi e richiamando quel “metodo laico”[17], che potremmo ulteriormente definire metodo laico “costituzionale”, che ci riunisce tutti nel pieno rispetto del pluralismo delle idee e delle impostazioni e della persona umana e della sua dignità (art. 3 Cost.).
Nello specifico contesto dell’attuale emergenza, tenuto conto che, come ci ricorda la Presidente della Corte costituzionale, “Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri”, “ancora una volta è la Carta costituzionale così com’è – con il suo equilibrato complesso di principi, poteri, limiti e garanzie, diritti, doveri e responsabilità – a offrire alle Istituzioni e ai cittadini la bussola necessaria a navigare «per l’alto mare aperto» dell’emergenza e del dopo-emergenza che ci attende”[18].
Se è pur vero, come ritiene la Corte costituzionale, che nessun diritto può farsi in modo assoluto “‘tiranno’ nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette” (sentenza n. 85 del 2013), cionondimeno, proprio le caratteristiche della attuale contingenza (non determinata dal legislatore) sembrano mostrare come quello alla salute (e alla vita) si sia posto, inevitabilmente, come diritto davvero “fondamentale” (come lo definisce espressamente lo stesso art. 32 Cost.), primario e logico presupposto per l’effettivo godimento di tutti gli altri diritti di libertà.
Sta adesso sì al legislatore, nella cd. fase 2 dell’emergenza, comporre (o ricomporre) entro il perimetro di un ragionevole bilanciamento tutti gli ulteriori diritti e interessi in gioco, una volta che la salute sia stata messa, si spera definitivamente, in sicurezza, ricordando innanzitutto, come sottolinea il Prof. Ridola in questa stessa Tribuna tematica, che “il diritto costituzionale è equilibrio” e, in secondo luogo, quale monito per il futuro, che l’attuale drammatico contesto mostra – e deve farci ricordare – che “sanità, scuola, servizi, ricerca scientifica, sicurezza richiedono risorse, strutture e apparati efficienti”, mentre “siamo vissuti per anni nella sbornia neoliberale che si dovesse privatizzare tutto e che il pubblico fosse solo un bubbone da prosciugare”.
[1] In generale, sulle problematiche sottese all’emergenza sanitaria si vedano B. Caravita, “L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana”, in Federalismi.it, 2020, VI, iv ss., G. Azzariti, “Il diritto costituzionale d’eccezione”, in Costituzionalismo.it, 2020, I, i ss., e A. D’Aloia, “Costituzione ed emergenza. L’esperienza del Coronavirus”, in BioDiritto – Online First, in corso di pubblicazione in BioLaw Journal, 2020, II.
[2] G. Silvestri, “Covid-19 e Costituzione”, in Unicost.eu, 10 aprile 2020. Si vedano, inoltre, le considerazioni di E. Raffiotta, “CORONAVIRUS/Limitare la libertà per ragioni di sicurezza, la Costituzione dice sì”, in IlSussidiario.net, 25 marzo 2020.
[3] A questo proposito, si segnala il documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, “COVID-19: la decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del ‘triage in emergenza pandemica’”, in Bioetica.governo.it, 8 aprile 2020.
[4] Su tali profili, si veda A. Maresca, “Il diritto del lavoro al tempo del COVID-19”, in Federalismi.it, 2020, VIII, iv ss.
[5] Sugli effetti delle misure di sospensione sui processi amministrativo, civile, penale e costituzionale si rinvia fra i tanti a M. Salina, “Emergenza Covid-19: lockdown del procedimento amministrativo?”, in Ceridap.eu, 15 aprile 2020, A. M. Di Alberto – G. Tedeschi, “Decreto ‘Cura Italia’: analisi delle misure disposte in materia di giustizia civile”, in Ilprocessocivile.it, 24 marzo 2020, G. L. Gatta, “‘Lockdown’ della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito”, in Sistemapenale.it, 4 maggio 2020, e P. Costanzo, “Con l’emergenza, decolla la Corte 2.0”, in Giurcost.org, 2020, I, 158 ss.
[6] Sul tema si veda in particolare A. Lorenzetti, “Il carcere ai tempi dell’emergenza Covid-19”, in OsservatorioAic.it, 2020, III, 1 ss.
- Raffiotta, “CORONAVIRUS/Limitare la libertà per ragioni di sicurezza, la Costituzione dice sì”, cit., condivisibilmente sottolinea che le misure restrittive, “anche se arrivano a vietare l’uscita di casa (salvo per validi motivi), sono comunque limitazioni della libertà di circolazione” e non incidono sulla libertà personale.
[7] O. Pollicino, “Esame in sede referente dei DDL 1317 e 1561 (diritto di accesso ad Internet)”, in Medialaws.eu, 13 marzo 2015, e, da ultimo, F. M. Bosco, “Digital divide e Covid-19: torna il diritto di accesso ad Internet”, ivi, 7 maggio 2020.
[8] L’evocativa espressione è di A. Ruggeri, “La forma di Governo nel tempo dell’emergenza”, in Giurcost.org, 2020, II, 255 ss.
[9] M. D’Amico, Il difficile cammino della democrazia paritaria, Giappichelli, Torino, 2011, XXI s.
[10] A questo proposito, per esempio, è stata predisposta una nota tecnica dell’UNICEF (Cinque Azioni per la parità di genere nella risposta al COVID-19), in Unicef.it, 6 aprile 2020. Si veda anche C. Maconi, “Violenza domestica, svantaggio nel mercato digitale, forte presenza nel settore della sanità: ecco perché la pandemia è (anche) una questione di genere”, in Republica.it, 8 aprile 2020.
[11] A questo riguardo si veda ancora M. D’Amico, “Donne nelle task force: non solo numeri”, in 27esimaora.corriere.it, 6 maggio 2020.
[12] Su tali profili si veda innanzitutto M. Luciani, “Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza”, in RivistaAic.it, 2020, II, 109 ss. Esprime, al contrario, osservazioni critiche M. Belletti, “La ‘confusione’ nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità”, in OsservatorioAic.it, 2020, III, 1 ss.
[13] È interessante, al riguardo, richiamare C. Buzzacchi, “Coronavirus e territori: il regionalismo differenziato coincide con la zona ‘gialla’”, in LaCostituzione.info, 2 marzo 2020, rispetto al cd. regionalismo differenziato e alla circostanza per cui sembra quasi che “– per ironia della sorte – le tre Regioni che sono più pesantemente colpite dall’emergenza sanitaria legata al virus Covid-19 sono le stesse che dal 2017 stanno percorrendo il cammino messo a disposizione dall’art. 116 Cost.: Veneto, Lombardia e Emilia Romagna”.
[14] G. Azzariti, “Il diritto costituzionale d’eccezione”, cit., II s., che sottolinea con riferimento ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri “l’autoassunzione di un potere extraordinem che si legittima per via di necessità”, ritenendo che “si comprenda bene come non si possano sottovalutare né le esigenze che muovono il Governo a salvaguardare la salute pubblica in una situazione di fatto di estremo pericolo, né la necessità di delimitare il più possibile – nel tempo e nel contenuto – le deroghe o le sospensioni della legalità ordinaria”.
[15] Su tale legame si rinvia a C. Casonato, “La scienza come parametro interposto di costituzionalità”, in RivistaAic.it, 2016, II, 1 ss., oltre che Introduzione al biodiritto, Giappichelli, Torino, 2012.
[16] Sulle problematiche sottese sia consentito il rinvio a B. Liberali, “Vaccinazioni obbligatorie e raccomandate tra scienza, diritto e sindacato costituzionale”, in BioLaw Journal, 2019, III, 115 ss.
[17] M. D’Amico, I diritti contesi. Problematiche attuali del costituzionalismo, FrancoAngeli, Milano, 2016, 290 ss.
[18] M. Cartabia, “L’attività della Corte costituzionale nel 2019 – Sintesi”, in Cortecostituzionale.it, 28 aprile 2020, 17 s.
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